Titolo del film: Il mulino del Po
Regista: Alberto Lattuada
Anno: 1949
Artista murales: Paolo Psiko
Tecnica utilizzata Pittura al quarzo
Trama del film: Nel Delta ferrarese del Po alla fine del 1800, le famiglie Scacerni e Verginesi si preparano per il fidanzamento dei loro figli, Berta ed Orbino. Tuttavia, la gioia viene interrotta dall'arrivo dei finanzieri che sospettano che la famiglia Scacerni abbia manomesso i contatori del loro mulino per evitare tasse. Nel frattempo, la famiglia Verginesi affronta minacce da Clapassòn, il nuovo proprietario delle terre in cui la famiglia lavora da generazioni.
La speranza di risolvere i problemi di entrambe le famiglie attraverso la Lega dei contadini, una nuova organizzazione socialista, si scontra con il responso degli Scacerni che rifiutano di prenderne parte. Gli eventi precipitano quando gli Scacerni, durante un’ispezione notturna, rischiano di essere scoperti con un contatore manomesso. Princivalle, rampollo degli Scacerni, incendia il mulino su ordine della madre, ma ciò non gli evita l'arresto e gravi problemi economici alla famiglia.
La rottura tra le famiglie, con conseguente interruzione delle nozze, si accentua quando la Lega dei contadini proclama uno sciopero generale, portando a un boicottaggio contro i "crumiri", ovvero coloro che non partecipano agli scioperi, proprio come gli Scacerni. La situazione degenera in una rivolta popolare con violenze e morti. Durante la sommossa, Princivalle, convinto erroneamente che Orbino abbia disonorato sua sorella Berta, uccide Orbino. Il corpo viene gettato nel fiume. Pentitosi, Princivalle racconta l'accaduto a madre e sorella, e insieme aspettano sulla riva del fiume la restituzione del corpo di Orbino.
Descrizione del murales: L'opera muraria rappresenta il drammatico epilogo che si consuma sulle rive del grande fiume, sfondo delle tragedie umane e dei fermenti sociopolitici del Risorgimento. Princivalle, la sorella Berta e la madre attendono a riva la restituzione del corpo di Orbino dalle acque nelle quali era stato gettato dopo l'efferato omicidio per mano di Princivalle.
L'ambiente rurale mostra crudo le sfumature di laboriosa umanità dei suoi protagonisti, dai braccianti ai mugnai e le difficoltà che incontrano quotidianamente, stretti nella morsa del sistema fiscale, della tassazione scellerata e delle prepotenze del padronato borghese. In tanta esasperazione viene meno la lucidità dell’essere umano e le inevitabili nefaste conseguenze delle scelte prive di ogni logica, che il contesto disperato facilita a compiere.
Il dipinto presenta i colori della notte, e con essa l'attesa della restituzione del corpo che viene allietata solo da qualche barlume delle lanterne per riuscire a intravedere la salma nelle acque di quel Grande Fiume che diventa simbolo della storia che scorre. I punti luce, in tanto buio angosciante, accarezzano lo sguardo dello spettatore e rappresentano le nuove possibilità inevitabilmente intrinseche nella vita che continua.
Sono dipinti, in un contrasto tra l'epoca di ambientazione della pellicola di Lattuada e la nostra contemporaneità gli errori digitali tipici del computer, che sono elemento estetico caratteristico della tecnica pittorica dell’artista, ma anche simbolo concettuale dell'errore di sistema intervenuto nell' ingranaggio sociopolitico.
«Ho voluto esprimere i tormenti e le passioni della società in fermento uscita momentaneamente sconfitta dai suoi migliori tentativi di sopravvivenza, uno strato sociale spinto e respinto nelle sue iniziative dalla povertà, alla ricerca di utopici equilibri ed assestamenti equi per tutti. È in scena un dramma presente in tutti i tempi, rappresento tale trasversalità con la sovrapposizione dell’elemento moderno alla vicenda storica narrata sullo sfondo; pertanto, l’immagine risulta un “errore di sistema”.» Paolo Psiko
↑ CHIUDITitolo del film: Oltre la bufera
Regista: Marco Cassini
Anno: 2019
Artista murales: Wasp
Tecnica utilizzata: Pittura su parete
Trama del film: Dopo la conclusione della Prima guerra mondiale, Don Giovanni Minzoni, che aveva prestato servizio come cappellano militare e ricevuto diverse onorificenze, ritorna alla sua parrocchia di Argenta, nel Ferrarese, con l'intento di riorganizzare la vita sociale e culturale della comunità di fedeli affidata alle sue cure. Tuttavia, si trova ad affrontare l'ostilità dei socialisti, motivata dalla loro avversione per il clero e l'antimilitarismo.
Nel frattempo, Augusto Maran, un insegnante reduce dalla guerra, nutre rancore verso i socialisti che lo avevano osteggiato durante il conflitto, e desidera ottenere una posizione di supremazia a livello locale. Con l'aiuto di squadristi affiliati al movimento fascista emergente e provenienti da diverse località dell'Emilia, Maran organizza atti intimidatori e violenti. Nonostante le attività sociali promosse da Don Minzoni, come la creazione di un doposcuola, un teatro parrocchiale, circoli maschili e femminili, e sezioni di scout, attenuino l'ostilità dei socialisti verso di lui, provocano un aumento dell'aggressività da parte di Maran e dei suoi sostenitori.
Dopo che un socialista, Natale Gaiba, viene ucciso in una spedizione squadrista, Maran si focalizza su Don Minzoni e le sue opere. Il parroco rifiuta gli inviti dei fascisti a mostrare la bandiera fascista e di aderire al partito. Maran, guidando i fascisti, distrugge il teatro parrocchiale e intimorisce i bambini delle associazioni cattoliche, così come le donne del circolo femminile organizzato dalla parrocchia. Nonostante le intimidazioni, gli abitanti di Argenta si uniscono sempre più attorno a Don Minzoni. I fascisti tentano di coinvolgerlo offrendogli la carica di cappellano della milizia fascista, ma il parroco rifiuta anche questo compromesso. Maran decide quindi di cercare di piegare Don Minzoni con la violenza, e la bastonatura culmina, forse inaspettatamente, con la morte del sacerdote.
Descrizione del murales: Il film che l’artista ha voluto raffigurare parla di Don Minzoni e del suo coraggio, della sua morte e delle sue gesta.
Per rappresentare quest’opera il muro è stato suddiviso in tre parti, inserendo al centro Don Minzoni (storico e cinematografico) mentre ai lati ciò che contribuì a costruire nella comunità argentana; a sinistra il teatro per i ragazzi e a destra la creazione delle prime cooperative femminili, il tutto collegato da una corda legata con il nodo Savoia in omaggio e in ricordo dei primi gruppi scout che promosse e sostenne.
Questo dipinto però non descrive solamente l’operato di Don Minzoni. Al centro del muro, nel nero delle vesti, infatti l’artista ha ricreato la tragica scena dell’uccisione del parroco, morto per mano fascista, scena che lascia cicatrici e fa comprendere allo spettatore il motivo della lente dell’occhiale rotta.
«Ho scelto di dipingere il cielo retrostante di colore rosso, un simbolo del sangue lasciato sulla strada e rosso come il tramonto dopo una bufera. La fine di una vita e la speranza per un giorno migliore. I colori scelti parlano di una vicenda ferrarese, una storia tragica locale, ma che avrà risonanza e conseguenze in tutta Italia.» Wasp
↑ CHIUDITitolo del film: La neve del bicchiere
Regista: Florestano Vancini
Anno: 1984
Artista murales: Wasp
Tecnica utilizzata: Spray su parete
Trama del film: Il film narra le vicende di una famiglia contadina residente nell’area della "bassa" ferrarese dal 1898 al 1927, coprendo tre generazioni. La storia segue la vita di Nullo, il patriarca, uomo onesto e lavoratore, e dei suoi figli Venanzio, Ligio e Medea. La famiglia affronta la povertà, la fame, le malattie come la pellagra e la malaria, e l'impatto della Grande Guerra.
Dopo essere inizialmente "scarriolanti", ovvero coloro la cui mansione era lavorare mediante l’uso della carriola, diventano mezzadri del parroco e, alla fine, si trasferiscono a Bologna negli anni Venti. La narrazione riflette su lavoro, valori familiari, affetti, e segue gli eventi significativi come le lotte salariali, la nascita delle Leghe, e l'ascesa del fascismo.
La voce narrante, un nipote di Venanzio, descrive la transizione dalla vita rurale a quella urbana, con la perdita delle semplici gioie della civiltà della terra ma anche la preservazione dei ricordi e dei riti tradizionali.
Il racconto culmina con un ricordo nostalgico della nonna della famiglia che prepara la neve nel bicchiere con il vino della "saba", un piccolo rituale contadino che rappresenta la perduta condizione umana, difficile ma non infelice.
Descrizione del murales: L’artista ha scelto questo lungometraggio per il forte legame con il territorio ferrarese e le sue campagne dove il film è ambientato.
Nella scena sono rappresentati due scariolanti a lavoro; Il paesaggio rurale dietro di loro, dato dalla sinuosità delle colline, si trasforma in cittadino con le tipiche arcate che ricordano i portici delle città emiliane.
Le fasi lunari nel cielo scandiscono il ritmo di lavoro e simboleggiano il tempo che passa. La violenta esplosione sulla destra è il monito della guerra incombente e delle sanguinose lotte per i diritti dei lavoratori che si tennero ad inizio Novecento. La palette è stata scelta ad ispirazione dai colori dell’alba e del tramonto.
«Mi ha colpito le atmosfere cupe e desolanti della guerra e il duro lavoro degli scariolanti che ci portano attraverso uno spaccato dell’Italia poco conosciuto. Le geometrie che creano lo sfondo e l’ambientazione della scena hanno una doppia funzione in quanto diventa anche il lettering della nostra crew.» Wasp
↑ CHIUDITitolo del film: Riso amaro
Regista: Giuseppe De Santis
Anno: 1949
Artista murales: Filippo Mozone
Tecnica utilizzata: Vernice a spray
Trama del film: Maggio 1948, stagione della semina del riso nel settentrione d'Italia. Le mondine, lavoratrici stagionali provenienti da tutta Italia aspettano il treno per Vercelli. Walter Granata, un pregiudicato inseguito dalla polizia, e la sua amante Francesca, reduce del furto di una collana milionaria, si nascondono tra di loro. Francesca si unisce al gruppo di mondine e con loro inizia il lavoro nei campi. Sin dal primo giorno nascono attriti tra le mondine regolari e quelle irregolari senza contratto, iniziando così una lotta per dimostrare chi lavora meglio agli occhi del proprietario dei campi.
Tra le mondine troviamo Silvana, che avendo un sospetto che Francesca nasconda qualcosa, fruga nel suo pagliericcio, scopre la collana e la ruba a sua volta.
Francesca scopre il furto effettuato da Silvana e lo racconta a Walter, che, però, nel tentativo di recuperare la collana si innamora di Silvana; tra i due nasce una relazione. In seguito, Walter propone un furto di riso a Silvana, la quale, durante una festa organizzata, apre il canale artificiale per allagare i campi e compiere il furto.
La festa si trasforma in caos con l'allagamento. Walter e complici rubano il riso, ma Francesca capendo la situazione, chiede aiuto a Marco, il sergente di zona. Nel confronto finale, Walter e Silvana vengono scoperti. Silvana, dopo aver saputo che la collana rubata a sua volta era falsa, spara a Walter e si getta dalla torre. Le mondine le rendono omaggio spargendo riso sul suo corpo. Marco e Francesca se ne vanno iniziando una nuova vita insieme.
Descrizione del murales: La scelta del film di Giovanni De Santis da parte dell’artista è stata dettata principalmente dal tema e dalla scelta degli attori da parte del regista, in particolare della protagonista, Silvana Mangano, in tutto il suo splendore e nel fiore della sua giovinezza (nel film ha appena 19 anni).
La protagonista è coinvolta in una storia drammatica, fatta di duro lavoro, di intrighi e segreti in una campagna, quella Vercellese in questo caso, del dopo guerra; quella campagna dell’alta Val Padana piemontese, con le sue risaie, in tutto e per tutto simile alla bassa Ferrarese.
«Ho voluto rappresentare elementi cardine del film: la protagonista in primo piano e in scala importante, in un’immagine ormai diventata storia del cinema, utilizzata nel manifesto della pellicola, in Italia e all’estero; sullo sfondo una scena del film, che rimanda al lavoro delle mondine e al riso, la cui coltura è il tema principale di molte opere ambientate nella bassa ferrarese.» Filippo Mozone
↑ CHIUDITitolo del film: Ossessione
Regista: Luchino Visconti
Anno: 1943
Artista murales: Basik
Tecnica utilizzata: Pittura su parete
Trama del film: Gino Costa, un vagabondo, si ferma in un rifugio per viaggiatori nella Bassa Padana, dove diventa l'amante di Giovanna, moglie di Giuseppe, il proprietario del locale, che è all'oscuro della relazione. Infastidito dalla situazione, Gino suggerisce a Giovanna di fuggire insieme, ma lei rifiuta. Così, Gino parte per Ancona, attratto dal porto, sperando di dimenticare la storia passata. Nel viaggio, fa amicizia con uno spagnolo, un altro vagabondo, ma decide di non imbarcarsi più e trova lavoro con lui alla Fiera di maggio di Ancona, sembrando avviarsi verso una nuova vita.
Durante la fiera, Gino incontra nuovamente Giovanna e Giuseppe, giunti ad Ancona per partecipare a un concorso canoro. I due ex amanti immediatamente ristabiliscono il loro legame e decidono di uccidere Giuseppe attraverso la simulazione di un incidente stradale.
Dopo il crimine, la relazione tra Gino e Giovanna diventa tesa: Giovanna incassa l'assicurazione sulla vita di Giuseppe e insieme a Gino riapre la trattoria del defunto marito. Gino, tormentato dal rimorso e dalla sensazione di aver rubato una vita, lascia Giovanna e si dirige a Ferrara, dove fa amicizia con Anita, una prostituta locale.
Successivamente, Gino ritrova Giovanna, che gli confida di essere incinta. I due decidono di fuggire insieme, ma la loro auto finisce fuori strada, causando la morte di Giovanna e l'arresto di Gino da parte della polizia.
Descrizione del murales: La scelta di Ossessione è data dalla volontà di cimentarsi con l’essenzialità del bianco e nero, accantonando l’oramai consolidata palette ricca di cromie.
L’opera ritrae i volti di Gino e Giovanna, protagonisti di Ossessione, nella scena esatta della pellicola in cui l’idea di uccidere Giuseppe, il marito di lei, si fa certa.
Viene rappresentata all’interno di una grande cornice neutra che lascia spazio al testo della canzone cantata dalla protagonista nei primi minuti della storia e che introduce inoltre il primo contatto tra i due futuri innamorati.
«Tutto ciò vuole creare un netto contrasto tra la spensieratezza della canzone in sé e la drammaticità ed il terrore della decisione di uccidere Giuseppe, esemplificata nello sguardo di Gino rivolto sia verso il vuoto che verso lo spettatore.» Basik
↑ CHIUDITitolo del film: La donna del fiume
Regista: Mario Soldati
Anno: 1954
Artista murales: Giulia Pasa Frascari
Tecnica utilizzata: Pittura acrilica
Trama del film: Nives, una lavoratrice nello stabilimento di marinatura delle anguille di Comacchio (Fe), dopo la perdita dei genitori vive da sola in una casa sul fiume. Durante una festa di paese, Nives viene importunata e Gino, un contrabbandiere, interviene portandola via sulla sua motocicletta, dando così inizio a una storia d'amore segreta, nonostante la convivenza di Gino a casa di Nives.
Un giorno, Gino parte per Trieste senza preavviso, dopo averle fatto capire che non desidera impegnarsi. Nel frattempo, Nives scopre di essere incinta, ma Gino, al suo ritorno da Trieste, rifiuta il bambino. In un atto di vendetta, Nives lo denuncia alla polizia, e Gino viene arrestato per contrabbando.
Decisa a assicurare un futuro al suo bambino e a ignorare i pettegolezzi, Nives lascia il lavoro e abbandona Comacchio. Enzo Cinti, una guardia delle valli che un tempo la corteggiava, la raggiunge per informarla dell'evasione di Gino. Trovandola sola a lavorare Nives e Enzo discutono mentre il figlio, senza sorveglianza, si perde e annega nel fiume.
Durante la veglia funebre, Gino giunge impressionato e commosso dalla morte del figlio che aveva precedentemente rifiutato. Questo porta a una riconciliazione tra Nives e Gino, il quale decide di consegnarsi alla polizia come atto di redenzione.
Descrizione del murales: La scena dipinta dall’artista raffigura Nives (Sophia Loren) personaggio femminile che solo all’apparenza corrisponde allo stereotipo dell’epoca, ma che in realtà spicca per autodeterminazione e coraggio.
In questa immagine Nives si trova nel canneto in cui lavora, ha appena lasciato Comacchio e si è trasferita sul delta padano per lavorare e crescere suo figlio lontano dai pettegolezzi della città. In questa iconica immagine la Loren è colpita da una luce calda che si mischia fra i toni dell’acqua e della terra.
«Ho scelto questo film perché ho trovato subito ispirazione nelle ambientazioni, nei colori della pellicola e nella parete in mattoni su cui avrei dovuto dipingere. le tinte che caratterizzano la mia opera danno un senso di calore e allo stesso tempo drammaticità.» Giulia Pasa Frascari
↑ CHIUDITitolo del film: Un ettaro di cielo
Regista: Aglauco Casadio
Anno: 1958
Artista murales: Filippo Mozone
Tecnica utilizzata: Pittura su parete
Trama del film: Il film racconta la storia di Severino Balestra, un ambulante che vende cianfrusaglie durante le feste paesane nel Delta del Po. Severino torna a Migliarino, in provincia di Ferrara, dove tre anziani sbarcano il lunario facendo piccoli lavoretti da barbiere o pescando anguille di frodo. Lì vive anche Marina, la giovane che ha avuto con lui una relazione l'anno precedente e che adesso lavora nella locanda del paese.
Nella medesima locanda Severino incontra i tre anziani del paese proponendo loro un affare truffaldino: la vendita di pezzi di cielo, convincendoli che diventeranno ricchi facendo pagare l'affitto agli aerei che passano sopra di loro. Accettando l'offerta, gli anziani conferiscono a Severino tutti i loro risparmi come anticipo. Poi, credendo che possano usufruirne solo da morti, tentano di suicidarsi annegandosi nelle paludi, ma scoprono che molte zone sono state bonificate e l'acqua è poco profonda.
Severino, ignaro delle intenzioni degli anziani, rimane in paese continuando a compiere le sue truffe e nel frattempo inizia nuovamente una relazione con Marina. Severino, scoprendo i propositi suicidi degli anziani inizia a cercarli nella palude. Nel frattempo, gli anziani a seguito di una serata all’insegna dell’alcool rischiano veramente di annegare, ma vengono salvati dalle guardie con cui erano in conflitto per la pesca di frodo.
Alla fine, Severino restituisce agli anziani i soldi dell'anticipo, felice che non siano successi incidenti gravi, e se ne va assieme a Marina.
Descrizione del murales: Questa pellicola del 1958 di Aglauco Casadio, Ha una trama semplice, rivista al giorno d’oggi, ma allo stesso tempo evocativa di un’epoca e di sentimenti, che al giorno d’oggi è difficile trovare in un racconto, in un contesto, come quello proposto dal regista.
La fotografia è sicuramente uno dei motivi della scelta del film, immagini della provincia di Ferrara; una sequenza di campi, risaie, paludi, strade polverose, piccole borgate, in un’Italia che si apprestava al boom economico.
La scelta degli attori da parte del regista e la mano di Flaiano e Guerra nella sceneggiatura ha ulteriormente confermato la scelta, e per la magistrale recitazione della coppia Mastroianni-Schiaffino (quest’ultima diciottenne), e per i personaggi di contorno, gli anziani, caratteristi che donano alla storia e quindi alla pellicola quelle sfumature che la commedia all’italiana del tempo, non può esimersi dal mostrare.
«Nel dipinto ho voluto rappresentare personaggi e scene cardine del film, ritraendo i protagonisti principali e più significativi, creando un collage monocromatico, virato al blu, ispirato alle vecchie locandine illustrate dell’epoca, dove il bel viso della Schiaffino, giovane, pensosa e infatuata, è la protagonista dell’artwork.» Filippo Mozone
↑ CHIUDITitolo del film: Il giardino dei Finzi Contini
Regista: Vittorio De Sica
Anno: 1970
Artista murales: Basik
Tecnica utilizzata: Pittura su muro
Trama del film: Nel 1938, durante l'ascesa del regime fascista in Italia, a Ferrara la famiglia ebrea benestante Finzi Contini si ritrova isolata a causa delle leggi razziali. Nonostante ciò, la famiglia permette agli amici dei loro figli, Micòl e Alberto, di frequentare il loro parco, che include un campo da tennis. Tra questi amici ci sono Giorgio, anch'egli ebreo e innamorato di Micòl, e Giampiero Malnate, un comunista milanese.
Mentre la guerra si avvicina, la situazione degli ebrei diventa sempre più pericolosa. Micòl, intanto, respinge le avances di Giorgio poiché ha una relazione segreta con Malnate.
Gli eventi precipitano: Malnate, impegnato sul fronte di guerra muore in Russia e Alberto muore a causa di un pestaggio dovuto alla sua omosessualità. Giorgio si nasconde per evitare di essere catturato dai nazifascisti, mentre i Finzi Contini vengono prelevati e separati, probabilmente per sempre.
Micòl si ritrova con sua nonna e il padre di Giorgio nella stessa stanza, dove si abbracciano guardando verso un futuro incerto. La storia vuole far riflettere sulle tragiche conseguenze della discriminazione razziale e politica durante quel tumultuoso periodo storico.
Descrizione del murales: Il Giardino dei Finzi-Contini stupisce per le atmosfere apparentemente sognanti e serene nelle quali i protagonisti sono immersi, illusoriamente protetti dalla tragedia ebraica che di lì a poco si consumerà.
Il focus dell’opera è tutto sul rapporto tra Micol e Giorgio, all'interno di un contesto immerso nel verde, come lo è anche il dipinto che li ritrae e con il quale ne condivide i colori, mescolati al bianco ed al rosso delle divise da tennis dei due protagonisti.
«L’ambiente circostante all’interno del quale è stato inserito il murales, diventa così meta-opera arricchendo il soggetto tramite l’estensione del frame originale nella vita reale. L’immagine è stata infatti volutamente inserita in un contesto verde che ricorda il giardino del lungometraggio, quest’ultima filmata prima e reinterpretata poi grazie alla pittura.» Basik
↑ CHIUDITitolo del film: La lunga notte del ‘43
Regista: Florestano Vancini
Anno: 1960
Artista murales: Wasp
Tecnica utilizzata: Spray su parete
Trama del film: Il dottor Pino Barilari, proprietario di una farmacia a Ferrara, osserva la vita cittadina dal suo appartamento che si affaccia su una delle vie principali della città. Sua moglie Anna, insoddisfatta del matrimonio, rincontra Franco, l'ex spasimante nonché antifascista, con il quale ha una relazione.
Nel contesto della Seconda Guerra Mondiale, il malvagio Carlo Aretusi organizza l'assassinio del federale fascista locale, causando rappresaglie contro gli antifascisti.
La rappresaglia fascista termina con la clamorosa fucilazione di alcuni antifascisti di fronte al castello di Ferrara, tra questi venne fucilato anche il padre di Franco. Barilari, affacciato dalla sua finestra è testimone del tragico evento e nel frattempo vede la moglie Anna passare la notte con Franco.
Franco è coinvolto in un piano per fuggire in Svizzera, ed Anna, sapendo che suo marito è stato testimone della fucilazione, lo implora di denunciare l'accaduto mentre esplicita il proprio disappunto sul matrimonio e la sua relazione con Franco. Successivamente Aretusi visita Barilari per scoprire se ha visto l'assassinio, ma Barilari nega per paura di rivendicazioni sulla moglie. Anna, inconsapevole del drammatico colloquio fra i due, scappa sentendosi delusa.
Anni dopo, Franco torna a Ferrara con la nuova moglie e il figlio. Chiedendo informazioni su Pino Barilari scopre che è morto durante la guerra, come scopre che era anche sposato. Franco incontra casualmente Aretusi, ormai anziano, di fronte alla lapide che commemora il padre. Nonostante il passato, Franco su richiesta della moglie risponde con gentilezza, definendo l’ex gerarca Aretusi un "poveraccio" che non ha mai fatto nulla di male.
Descrizione del murales: Il film si concentra sulla lotta antifascista, mostrando gli scontri tra i partigiani e le forze occupanti. In mezzo a momenti di sospetto, tradimento e coraggio, i personaggi cercano di sopravvivere in un contesto difficile.
La scena Rappresentata è quella della fucilazione dei partigiani da parte dei fascisti di fronte al castello estense di Ferrara.
L’opera si divide in tre scene:
- In alto vi è la tragica scena della fucilazione dei cittadini ferraresi di fronte al castello estense di Ferrara durante un rastrellamento dei fascisti.
- In basso troviamo la vista dell’automobile di Aretusi dalla finestra del protagonista dottor Pino Barilari.
- Sulla destra troviamo i portici di Ferrara dove si consuma il tradimento della moglie Anna evidenziato dalle lacrime nere.
«La composizione nasce e si sviluppa dalla finestra verde effettivamente presente nella casa scelta per la realizzazione del dipinto, e vuole ricordare quella utilizzata dal protagonista della vicenda attraverso la quale vede la fucilazione dei partigiani.» Wasp
↑ CHIUDITitolo del film: Le avventure di Pinocchio
Regista: Luigi Comencini
Anno: 1972
Artista murales: Alessio Bolognesi
Tecnica utilizzata: Pittura con rullo e pennello
Trama del film: Il falegname Geppetto crea per sé un burattino di legno, a cui dà il nome Pinocchio. La Fata Turchina, sua protettrice, lo trasforma immediatamente in un bambino vero, fatto di carne e ossa, chiedendogli di promettere che sarà un bambino "per bene", obbediente e studioso, e che si prenderà cura del padre in vecchiaia.
Tuttavia, Pinocchio, che mantiene il suo spirito vivace e ribelle, finisce per combinare molti guai, così la Fata lo trasforma nuovamente in legno per punirlo. Queste trasformazioni si ripeteranno diverse volte e, in un'occasione, Pinocchio si trasformerà persino in un asino.
La storia si conclude poco prima della fine del libro, quando Geppetto e Pinocchio riescono a uscire dal ventre della Balena, come se fosse un simbolico ritorno alla vita e un definitivo incontro con la realtà.
Descrizione murales: Carlo Rambaldi, artista del paese ferrarese Vigarano Mainarda, ha lavorato su un animatronic prototipale qua rappresentato per la versione televisiva del burattino di Collodi a firma di Luigi Comencini e che ha visto la luce nel 1972 con il titolo "Le avventure di Pinocchio". Il muralista ha effettuato un lavoro di ricerca tra vecchie locandine di quella produzione con il fine di richiamare alla memoria e approfondire diversi elementi della storia di Pinocchio.
Si tratta infatti di un processo di crescita, di apprendimento, di confronto con la difficile realtà, con la scoperta delle emozioni, ma è anche in parte un processo di disillusione. Si tratta inoltre di una storia sull'amore tra un padre e un figlio, indipendentemente dalla quantità enorme di simbolismi che la fiaba presenta.
«Ed é questo rapporto che ho voluto catturare sullo sfondo, un amore che non é forse il protagonista principale, ma é alla base di tutta la storia. Questo fa da contorno al protagonista, ...no, non il Pinocchio burattino, ma la presa di coscienza dell'importanza della vita e dei processi di trasformazioni che occorre affrontare fin da quando siamo piccoli pulcini indifesi.» Alessio Bolognesi
↑ CHIUDITitolo del film: alle finestre che ridono
Regista: Pupi Avati
Anno: 1976
Artista murales: Luca Siano
Tecnica utilizzata: Spray su parete
Trama del film: Negli anni '50, il restauratore Stefano accetta l'incarico di ripristinare un affresco macabro raffigurante il martirio di San Sebastiano in una chiesa di un piccolo paese nella campagna ferrarese. L'autore dell'opera è Buono Legnani, un pittore locale morto suicida tempo prima. Stefano, incuriosito dall'affresco e dalle strane circostanze che circondano la vita di Legnani, inizia a indagare.
Durante le sue ricerche, Stefano riceve minacce anonime e assiste alla misteriosa morte del suo amico Antonio. Scopre che Legnani potrebbe aver avuto legami con una casa dalle finestre decorate con bocche sorridenti, dove venivano commessi orribili delitti. L'indagine di Stefano lo porta a scoprire che Legnani e le sue sorelle usavano cadaveri per le loro opere d'arte macabre.
Quando Stefano trova prove concrete dei crimini dei Legnani, la situazione si complica ulteriormente. La sua fidanzata Francesca viene uccisa e lui stesso viene gravemente ferito durante un confronto con le sorelle dell’artista. Nonostante i suoi sforzi per chiedere aiuto, Stefano viene ignorato dagli abitanti del paese.
Infine, Stefano si rifugia nella chiesa, solo per scoprire che il parroco è in realtà una delle sorelle di Legnani, determinata a eliminare ogni testimone dei loro crimini. Mentre le sirene della polizia si avvicinano, Stefano si trova ad affrontare il suo destino mentre una figura sconosciuta si avvicina alla chiesa.
Descrizione del murales: Nel 1976 il regista bolognese Pupi Avati dà vita ad uno dei suoi film migliori, che entrano immediatamente nell’immaginario collettivo. Nella pianura ferrarese che fu di Visconti e di De Sica, di Rossellini e di Antonioni, in cui nacque il Neorealismo, il maestro emiliano invece percepì qui una atmosfera nebbiosa, un’aria dark.
Con “La casa dalle finestre che ridono” nasce difatti il “gotico padano”, genere che da sempre ha affascinato l’autore del murales, nonostante la sua origine campana.
In questa opera l'artista non si è limitato alla mera realizzazione delle pitture oggi presenti sul muro dell’abitazione, ma l'intento è stato quello di coinvolgere l’intero edificio, scelto appositamente per rispecchiare la casa del film, facendolo diventare anch'esso parte integrante dell'opera muraria. Nel film, e anche nel suo titolo, la protagonista psicologica e scenografica è questa misteriosa casa dove ci sono dipinte delle bocche che ridono paurosamente.
«Volevo dunque creare un cortocircuito fra il film e l’opera che andavo a realizzare, un’ambiguità fra il titolo avatiano e la casa di Gherardi, realizzando così un tributo per tutti, in primis per gli appassionati del genere.» Luca Siano
↑ CHIUDITitolo del film: E.T. L’Extra-terrestre
Regista: Steven Spielberg
Anno: 1982
Artista murales: Alessio Bolognesi e Paolo Psiko
Tecnica utilizzata: Pittura con rullo e pennello
Trama del film: E.T. è un extraterrestre che è stato accidentalmente abbandonato sulla Terra dai suoi compagni alieni durante una missione di raccolta di piante. Il giovane Elliott, dopo aver scoperto E.T. nel campo di mais vicino a casa sua, decide di tenerlo nascosto nella sua stanza mantenendo il segreto assieme ai suoi amici e ai i suoi fratelli.
Tra E.T. e i ragazzi nasce un’intensa amicizia, e con il passare dei giorni, mentre i ragazzi cecano di aiutare E.T. a contattare i propri famigliari alieni, scoprono che l’essere ha poteri speciali come la telecinesi e la guarigione. Elliott, inoltre, sviluppa una connessione empatica con l'alieno, condividendo le emozioni e le esperienze di E.T. Nel frattempo, il governo americano inizia a investigare sull'alieno, creando una situazione di tensione.
Successivamente i ragazzi aiutano E.T. a costruire un dispositivo di comunicazione per contattare il suo pianeta natale. Tuttavia, la salute di E.T. si deteriora, e gli agenti governativi lo trovano. In un tentativo disperato di salvarlo, i ragazzi e E.T. fuggono su delle biciclette, cercando di raggiungere il luogo di atterraggio dell'astronave aliena. Nonostante un inseguimento da parte degli agenti, E.T. riesce a contattare con successo i suoi simili, che atterrano sulla Terra e lo riportano a casa.
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Da notare: Carlo Rambaldi fu un effettista e artista di origini ferraresi noto a livello mondiale e premiato con ben tre premi Oscar per le sue opere in campo cinematografico; tra questi uno gli venne assegnato per il suo lavoro di meccatronica dedicato all’animazione di E.T.
Descrizione del murales: L'opera non rappresenta una scena del film ma cerca di catturarne diversi aspetti attraverso la fusione di diverse immagini: l'amicizia, la gioia e al contempo l'ansia della caccia; si consiglia di notare i dettagli dello sfondo per cogliere ogni sfumatura.
«E.T. é stato forse il mio primo contatto, insieme a Guerre Stellari, con la fantascienza. Certo, sto citando due esempi agli antipodi ma che mi hanno stimolato fortemente quando ero piccolo. Di E.T. feci mie tante emozioni: amicizia, angoscia, speranza, paura, forza d'animo. All'epoca non ero probabilmente capace di razionalizzarle, oggi capisco il perché guardando quel film la prima volta sono stato così male e bene al contempo, diviso tra il sorriso e le lacrime. Oggi capisco che E.T. è una grande metafora sulla diversità e sulla paura che purtroppo essa genera nelle persone; questo tipo di relazione è da anni presente nei miei lavori.
Ho voluto lavorare con l'amico Paolo Psiko al quale ho chiesto di partecipare alla realizzazione con questa opera contribuendo con il suo stile. Penso che sia una fusione perfetta tra parti pittorico/illustrative realizzate da me per i soggetti in primo piano con la componente onirica e "pixellosa" di Paolo.» Alessio Bolognesi
↑ CHIUDITitolo del film: King Kong
Regista: John Guillermin
Anno: 1976
Artista murales: Alessio Bolognesi
Tecnica utilizzata: Pittura con rullo e pennello
Trama del film: Negli anni Settanta, il paleontologo Jack Prescott si unisce ad una spedizione di una compagnia petrolifera in cerca di un'isola misteriosa nell'Oceano Indiano. Il dirigente della compagnia, Fred Wilson, crede che l'isola contenga un grande giacimento petrolifero, mentre Prescott sospetta che sia la dimora di un gigantesco animale sconosciuto. Durante la spedizione, trovano una giovane sopravvissuta di nome Dwan, naufragata su una scialuppa di salvataggio.
Sull'isola, scoprono giacimenti di petrolio e un villaggio abitato da indigeni ostili. Ben presto i nostri protagonisti si rendono conto che l'isola è la dimora di Kong, un gigantesco gorilla. Gli indigeni offrono Dwan in sacrificio a Kong, ma il gorilla si mostra affettuoso verso di lei. Prescott organizza un'operazione di salvataggio, ma la situazione si complica quando Wilson decide di catturare Kong per farne un'attrazione pubblicitaria.
Dopo rocamboleschi eventi, Kong viene anestetizzato e portato a New York come spettacolo, ma la situazione degenera e il gorilla riesce a scappare causando caos e morte nella città. Durante un confronto con l'esercito, Kong viene ucciso, portando ad una tragedia emotiva per Dwan e Prescott.
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Da notare: Carlo Rambaldi fu un effettista e artista di origini ferraresi noto a livello mondiale e premiato con ben tre premi Oscar per le sue opere in campo cinematografico; tra questi uno gli venne assegnato per il suo lavoro di meccatronica dedicato all’animazione di King Kong.
Descrizione del murales: L’artista ha rivisitato una scena iconica del film, nella quale l'enorme gorilla tiene sul palmo Dwan, la protagonista femminile. L’intento dell’opera è stato quello di cercare di catturare due elementi fondamentali nel film e per la ricerca personale dell’artista: la delicatezza con la quale la creatura sorregge la ragazza e la dolcezza e complicità degli sguardi, al contempo velati di tristezza per la persecuzione che la razza umana sta perpetrando nei confronti dell'enorme gorilla.
Il muro è stato realizzato in 5 giorni di lavoro con rulli e pennelli ed è un mix di tecnica pittorica ed illustrativa: infatti se osservato attentamente in ogni componente è presente un tratto di chiara derivazione fumettistica e illustrativa caratteristica del lavoro dell’artista.
«Da diversi anni ormai la mia ricerca si basa fortemente sulla relazione, spesso critica, tra l'essere umano ed il mondo della natura ed in particolare a quello animale. Certo, cogliere gli sguardi non è semplice, ma questo richiede uno sforzo da parte dell'osservatore. Non sempre “L'essenziale è invisibile agli occhi” - come cita un passo del Piccolo Principe - ma richiede profondità di osservazione e la capacità di aprire il cuore.» Alessio Bolognesi
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